lunedì 14 maggio 2012

La scienza non ha bisogno della vivisezione

Volentieri cito e riporto dal blog di Daria l’intervista di Affaritaliani al dottor Stefano Cagno, dirigente medico in disciplina Psichiatrica, membro del comitato Scientifico Equivita e dei Medici Internazionali – che da anni si batte per l’abolizione dei test sugli animali nella ricerca sceglie Affaritaliani.it per spiegare perché la scienza non ha bisogno della vivisezione.

Milioni di animali ogni anno vengono torturati e uccisi per la vivisezione. E’ un massacro evitabile?  
“Almeno 115 milioni di animali sono uccisi ogni anno nei laboratori di ricerca, circa 900.000 in Italia. Nel 2012 è auspicabile che questo massacro sia vietato al più presto, al fine di evitare che milioni di esseri umani nel mondo debbano assumere farmaci sicuri negli animali, ma che poi si dimostrano per loro tossici. Negli USA il 51% dei farmaci presenta gravi reazioni avverse dopo la commercializzazione che non si erano verificate nei test sugli animali e per questo circa 100.000 cittadini statunitensi muoiono ogni anno. Non è questa la prova che la vivisezione è un metodo di ricerca inaffidabile? E cosa dire dell’obbligo di sperimentare anche sugli esseri umani dopo averlo fatto sugli animali? Se la vivisezione funzionasse perché le leggi di tutto il mondo impongono anche la sperimentazione umana?”
La scienza ha bisogno della vivisezione?  
“No, ma questo lo sanno gli stessi vivisettori. Non esiste una sola pubblicazione scientifica al mondo che dimostri che i cosiddetti modelli animali poggiano su criteri scientifici, almeno quelli del 2012 e non quelli del 1800. Anzi esistono lavori che hanno dimostrato il contrario e pubblicati, ad esempio, su prestigiose riviste come il British Medical Journal o Nature. Per questo motivo i vivisettori si sono sempre rifiutati di sottoporre i loro modelli a processi di validazione, ossia a verifiche basate su criteri scientifici che ne dimostrino l’affidabilità. Strano, perché se fossero così sicuri dei loro esperimenti dovrebbero essere i primi a chiederne la validazione. Così continuiamo a studiare patologie come il cancro che hanno bisogno, spesso, di decenni per manifestarsi su animali come i roditori che vivono 1 o 2 anni. Studiamo le patologie del sangue o del sistema gastrointestinale nei ratti, ma se a noi facessero una trasfusione di sangue di ratto o bevessimo l’acqua di fogna che bevono questi animali moriremmo. Come negare che le differenze biologiche tra noi e loro sono significative?”
Nel panorama europeo siamo il Paese più arretrato?  
“No, ma la recente Direttiva Europea approvata nel 2010, e alla quale l’Italia si deve adeguare entro la fine anno, rischia di farci fare qualche piccolo passo avanti formale, ma alcuni passi indietro sostanziali. Ad esempio la Direttiva prevede che si possano utilizzare gli animali randagi. In Italia ciò è già vietato da anni, ma se il Governo non chiederà una deroga torneremo anche noi indietro”.
Quali soluzioni vede?  
“Non esiste altra soluzione se non l’abolizione della vivisezione, l’applicazione dei metodi sostitutivi già esistenti e il finaziamento per crearne altri ancora. O noi veramente possiamo dimostrare che la vivisezione poggia su criteri scientifici (e questo è oggi impossibile!) oppure prendiamo in giro le persone, dicendo di stare tranquille perché i farmaci e tutte le sostanze commercializzate sono sicure poiché testate sugli animali, ma in realtà facciamo diventare le vere cavie tutte le persone che per prime assumeranno quelle nuove sostanze”.
Quale settore incide maggiormente?  
“Sicuramente quello dei test obbligatori per legge per la commercializzazione dei farmaci e in generale delle nuove sostanze con le quali gli esseri umani potranno venire a contatto. Sul totale sono almeno il 70%, quindi in Italia quasi 600.000 animali ogni anno. Non dimentichiamoci, però, che sono testati sugli animali anche i cosmetici, i prodotti per l’igiene della casa e della persona, i pesticidi e persino le armi chimiche. Con buona pace del vuoto slogan che la vivisezione serve per salvare vite umane”.
Perché la chiusura di laboratori come Green Hill è importante?  
“Sarebbe un importante segnale per tutta la Comunità Europea. L’Italia potrebbe essere la prima nazione che non permette che si allevino cani, gatti e scimmie per la vivisezione. Sarebbe una riforma di civiltà di cui gli italiani potranno andare orgogliosi. L’Italia per l’ennesima volta nella storia dell’umanità diventerebbe un esempio per gli altri e, se così sarà, la storia ci ricorderà”.
di Virginia Perini   
4 maggio 2012

1 commento:

Paola ha detto...

per tacitare la nostra coscienza, quando si tratta di uccidere e mangiare animali, si parla sempre di specie inferiore ed incapace di sentimenti; quando però si tratta di vivisezionarli per fare ricerca, guarda caso, si trovano sempre profili genetici simili alla specie umana... non è un paradosso?